Ma il corso è riconosciuto ENCI?

Falsi miti a confronto

Corso Tecnico Istruttore Cinofilo

PREMESSA 

Nella mia seppur breve, ma intensa, esperienza nell’ambito della cinofilia ho potuto notare, seppure con dispiacere, una sorta di acredine competitiva tra tutti coloro che, pur condividendo una passione comune (appunto la passione per i cani e tutto ciò che li riguarda), sono impegnati in una gara di “celodurismo” (neologismo introdotto dall’inizio degli anni 90 nel nostro vocabolario) per stabilire se, chi opera nel settore è più o meno idoneo o titolato a farlo. La principale diatriba appare essere quella tra Addestratori ENCI ed Educatori/Istruttori Cinofili formati dai vari corsi proposti dai numerosi EPS (Enti di Promozione Sportiva) riconosciuti dal CONI presenti sul territorio nazionale. Navigando nel web non è raro infatti leggere alcuni “botta e risposta” tra appartenenti ad una o all’altra Scuola; l’uno accusa l’altro di non essere titolato nello svolgimento di quello che ormai sembra essere diventato un vero e proprio lavoro (con buona pace di chi, operaio, si alza alle 6 del mattino per andare in fabbrica....), chi cita Leggi che rendono legale un Diploma anziché un altro e...chi più ne ha più ne metta. 

Premetto che, fondamentalmente, concordo con quanti legano le capacità del Cinofilo alle esperienze maturate e quindi salto di pari passo alla discussione dell’argomento senza approfondire tale aspetto. A premessa del ragionamento che vorrei proporre ai contendenti “celoduristi”, vorrei citare il mio primo Maestro del settore: il Professor Roger Abrantes. Uno degli insegnamenti più preziosi che l’uomo mi ha trasmesso è l’importanza delle definizioni: per poter discutere di qualsiasi argomento è bene infatti definire, dapprima, di cosa stiamo parlando poiché se la base di discussione verte su argomenti o aspetti differenti nella accezione stessa della problematica sulla quale ci vogliamo confrontare, non ci capiremo mai e continueremo a discutere......del nulla più assoluto. 

ADDESTRATORE O OPERATORE – EDUCATORE – ISTRUTTORE CINOFILO? 

Partirei quindi, in questo mio ragionamento, nel definire le figure di riferimento che oggi possiamo trovare ad operare nei Centri Cinofili ed, in particolare, di quelle dell’Addestratore, dell’Educatore e dell’Istruttore Cinofilo. 

L’origine etimologica del termine addestrare deriva da “destro” nel significato di “abile”; addestrare quindi va inteso come rendere “destro”, cioè idoneo. L’Addestratore è colui che addestra: la forma transitiva del verbo addestrare ha il significato di “rendere idoneo ad una funzione o comportamento”. Se parlassimo di caccia, in riferimento ai cani, diremmo che addestrare un cane alla caccia significa formare e perfezionare l’animale per renderlo atto, ad esempio, alla cerca della selvaggina. Il piano di studi di formazione di un Addestratore, dal punto di vista didattico (sia teorico che pratico), sarà quindi improntato e finalizzato all’adempimento di tale scopo. 

Passiamo quindi a definire ciò che ha tratto con l’Educazione. Etimologicamente derivato dal latino educare, educĕre “trarre fuori, condurre” sottintende, in generale, l’attività, l’opera ed anche il risultato di educare, o di educarsi, come sviluppo di facoltà e attitudini al fine del raggiungimento di prefissate conoscenze (competenze) ed abilità da parte di individui generalmente giovani. 

Il ruolo dell'Educatore cinofilo non è quindi quello di insegnare al cane ad ubbidire attraverso una serie di esercizi e comandi, ma quello di accompagnare e guidare cane e proprietario verso una reciproca conoscenza, colmando le lacune informative, strutturando una comunicazione comprensibile ed efficace, progettando un percorso educativo che tenga conto delle caratteristiche individuali della coppia "cane/proprietario" e delle loro esigenze. 

Finiamo col definire la figura dell’Istruttore : dal latino instructōre(m), derivazione di di instruĕre cioè “istruire, preparare” definisce colui che “istruisce, specialmente in ambito sportivo, tecnico o militare” (da vocabolario Garzanti). Appare chiaro quindi che l’Istruttore cinofilo, ai fini della nostra disamina, è la figura professionale legata a ciò che ha più attinenza con lo Sport. 

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QUALIFICHE E COMPETENZE IN MATERIA SANCITE DAGLI STATUTI O DA LEGGI DELLO STATO 

LA NORMATIVA NAZIONALE 

Nonostante esistano molte Associazioni, Enti e Organizzazioni sedicenti “uniche” nel “Certificare” dal punto di vista legale e giuridico i percorsi formativi nel settore della cinofilia, così come molteplici sono gli Albi nazionali (anch’essi pare “unici” e legittimi), di fatto la “professione” cinofila non ha ancora un vero e proprio inquadramento giuridico inteso come riconoscimento da parte dello Stato. 

La legge 4/2013, nata per dare riconoscimento e visibilità a forme giuridiche, associative e organizzative che sempre più svolgono un ruolo essenziale nello sviluppo economico del mercato delle professioni e che differiscono da quelle che, per legge, sono organizzate in ordini e collegi, si è persa, nel tempo, mancando poi nelle indispensabili norme applicative che avrebbero dovuto colmare le lacune nel settore. 

In questo “limbo” giuridico ciascuno tenta di mettere ordine a modo suo ed ognuno si organizza (struttura) come meglio crede. Per quanto è agli “atti” ufficiali dei vari Enti ed Organizzazioni, vorrei provare a dipanare la matassa. 

L’ADDESTRATORE ENCI 

Iniziamo, per ordine di anzianità, con l’ENCI. 

L’ENCI (Ente Nazionale della Cinofilia Italiana) è stato fondato nel 1882 come “Società per il miglioramento delle razze canine in Italia”. Nel 1940, in virtù dello specifico scopo societario, viene riconosciuto dal Ministero dell’Agricoltura. L’articolo 2 dello Statuto definisce gli “Scopi” dell’Ente che, di seguito riassumiamo (per gli interessati il testo completo dello Statuto è facilmente reperibile in Internet): 

L'ENCI è un'associazione di allevatori a carattere tecnico-economico, ha lo scopo di tutelare le razze canine riconosciute pure, migliorandone ed incrementandone l'allevamento, nonché́ disciplinandone e favorendone l'impiego e la valorizzazione ai fini zootecnici, oltre che sportivi. Per il conseguimento di questi fini l'Ente: 

  1. a) regola e controlla la produzione e l'allevamento dei cani di razza con particolare riguardo alle esigenze della cinotecnia italiana; 
  2. b) cura la tenuta dei libri genealogici e registri anagrafici nel rispetto della normativa vigente, sulla base di appositi disciplinari approvati ......; 
  3. c) provvede alla formazione, alla qualificazione tecnica ed all'aggiornamento culturale di giudici ed esperti da impiegare per la valutazione delle caratteristiche morfologiche e funzionali di soggetti appartenenti alle razze canine, .......; 
  4. d) regola, approva, riconosce, patrocina ed organizza in Italia, anche direttamente, esposizioni, prove, corse ed ogni altra manifestazione cinotecnica anche con finalità sportive, al fine di verificare i risultati zootecnici e favorire la selezione dei prodotti dell'allevamento nazionale....... 
  5. e) promuove studi e ricerche interessanti la cinotecnica ed aiuta le iniziative qualificate rivolte allo studio, al controllo, al miglioramento ed alla diffusione delle razze canine...... 

Appare chiaro cos’è l’ENCI e, soprattutto cosa fa ed il motivo per il quale fa riferimento al Ministero dell’Agricoltura e Foreste. Tale riconoscimento non ne fa un Ente Pubblico di Stato (o Statale): è un’Associazione tra Allevatori a carattere tecnico-economico (quindi “privata”, se vogliamo usare questo termine per semplificare). A meno di faziosità di parte, ben si comprende anche qual è il ruolo che riveste nell’ambito della cinofilia : la tutela della purezza e delle caratteristiche caratteriali e morfologiche delle razze. Non a caso lo Statuto cita spesso il sostantivo femminile “cinotecnica” (o cinotecnia) che significa, appunto, “l’attività di chi si occupa dell’allevamento e dell’addestramento dei cani”. Addestramento, appunto, non Educazione. E’ fattuale che coloro che frequentano i Corsi ENCI vengono qualificati come “Addestratori” e non come “Educatori” o “Istruttori Sportivi”. 

L’OPERATORE E L’EDUCATORE CINOFILO 

Definita quindi la figura dell’ “Addestratore” (e relative competenze in materia), passiamo ora all’esame delle altre figure come compaiono nel mondo della cinofilia. 

Operatore Cinofilo. La qualifica di Operatore Cinofilo identifica la persona che collabora fattivamente all’organizzazione delle attività istituzionali, svolgendo mansioni di aiuto ai tecnici durante gli allenamenti e le gare sportive. La formazione dell’operatore prevede un livello minimo di conoscenze teoriche e pratiche, relative alle attività che si sviluppano nel campo sportivo. 

In realtà questa figura non trova rispondenza in ciascun ambito e realtà cinofila. Taluni EPS preferiscono utilizzare terminologie diverse, come ad esempio “Educatore Cinofilo di 1° Livello” o “Educatore Cinofilo di 2° livello”. La discriminante nell’attribuzione della qualifica è costituita dal “monte ore” dei corsi di formazione frequentati (che ovviamente si riflettono anche sui programmi sia Teorici che Pratici sviluppati): un monte ore pari ad 80 ore consentirà di vedersi riconosciuta la qualifica di Educatore di 1° livello mentre quelli pari a 160 ore conseguiranno il 2° livello della medesima qualifica. La qualifica “piena”, che qualcuno definisce come “Educatore cinofilo di 3° livello”, si ottiene frequentando corsi la cui durata non sia inferiore alle 240 ore. 

Educatore Cinofilo. La figura dell’Educatore Cinofilo compare, per la prima volta, a novembre 2009 e, più precisamente al comma 2 dell’articolo 1 del decreto 26 novembre 2009 del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali (Percorsi formativi per i proprietari di cani). Il Decreto riporta le norme attuative di quella che è comunemente conosciuto come “Ordinanza Martini” (dal nome del Sottosegretario di Stato che all’epoca la firmò), e cioè “Ordinanza contingibile ed urgente concernente la tutela dell’incolumità pubblica dall'aggressione dei cani” emanata il 3 marzo 2009. Nella norma, oltre alle varie prescrizioni aventi lo scopo di tutelare l’incolumità pubblica dall’aggressione dei cani, vengono stabilite le linee guida per l’istituzione di “percorsi educativi” (e non quindi addestrativi o sportivi) finalizzati a favorire un corretto sviluppo della relazione tra il cane ed il proprietario consentendo l’integrazione dell’animale nel contesto sociale. 

Lo stesso “Piano di Studi” per la formazione degli Educatori trae le sue origini dal Decreto in data 26 novembre 2009 nel quale si delineavano le materie (argomenti) che dovevano essere oggetto di istruzione ai Proprietari di cani. Nel tempo, ovviamente, tali argomenti hanno subito un incremento. 

Consultando e leggendo con cura le migliaia di righe scritte sull’argomento, non mi risulta ben chiaro il motivo per il quale il CONI, ovviamente per il tramite degli EPS, sia tra i pochi (o l’unico) a “sfornare” percorsi formativi per Operatori ed Educatori Cinofili (di qualsiasi grado ed ordine) essendo Ente deputato in forma esclusiva alle attività sportive. Se volessimo argomentare che l’attività educativa è propedeutica a quella sportiva (un cane va prima educato e poi avviato allo sport) potremmo comunque controbattere che anche per quelle attività di precipuo interesse e scopo dell’ENCI (CAE, prove attitudinali varie e non ultima l’Agility Dog) necessitano, comunque, di un percorso di educazione di base. Come mai, quindi, l’ENCI sempre così attento alle dinamiche del settore non ha inserito una figura professionale come quella dell’Educatore nei suoi percorsi formativi? AI posteri l’ardua sentenza. 

L’ISTRUTTORE CINOFILO 

Arriviamo alla figura dell’Istruttore Cinofilo per la quale, ovviamente, facciamo riferimento allo Statuto del CONI. Il CONI, regolato dal D.lgs. 23 luglio 1999, n. 242, e successive modificazioni ed integrazioni, e dalla Carta Olimpica, è autorità̀di disciplina, regolazione e gestione delle attività̀sportive, intese come elemento essenziale della formazione fisica e morale dell'individuo e parte integrante dell'educazione e della cultura nazionale. Non spenderei molte parole in questo senso giacché la cosa appare molto chiara e fondata: si parla, soprattutto, di Sport. Anche qui potremmo “chiosare” aggiungendo un ulteriore quesito di sapore vagamente “marzulliano” : ma l’Istruttore di Agility Dog dell’ENCI è meno Istruttore di quello di un EPS del CONI? O ancora, ma per essere un Istruttore sportivo deve convalidare il suo brevetto attraverso il CONI ?

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VALIDITA’ E SPENDIBILITA’ DEI TITOLI ACQUISITI 

Veniamo ora ad una delle note più “dolenti” delle accese discussioni tra addetti ai lavori : la validità (riconoscimento) dei Diplomi o Attestati rilasciati. 

Innanzitutto puntualizziamo la definizione (ormai inflazionata) di Diploma: come detto in apertura, se definiamo prima di cosa stiamo parlando, evitiamo inutili discussioni. 

DIPLOMA 

Con l’utilizzo del termine “DIPLOMA” (spesso utilizzato in maniera del tutto errato per definire altri titoli, quali attestati, qualifiche, etc.), si deve intendere un atto certificato ed autenticato in primis dallo Stato, e presuppone che alla base di esso sussista un percorso didattico di durata quinquennale, al termine del quale ogni candidato è chiamato a superare un “esame di Stato”. Solo al superamento di questo esame finale, il candidato potrà fregiarsi del titolo di Diplomato. Va da sé, quindi, che il termine Diploma presuppone un percorso didattico quinquennale (primo status identificativo) ed un esame di stato finale che conferisce il titolo summenzionato (secondo status identificativo). 

Naturalmente ha piena validità di legge ed è spendibile su tutto il territorio Nazionale, oltre che, naturalmente, all’interno dei Paesi membri dell’U.E. 

ATTESTATO DI FREQUENZA NON CERTIFICATO 

L’attestato di frequenza è un atto documentale (un’attestazione) fine a sé stesso, con il quale l’Ente, l’Istituto, Società o altro Organismo preposti, dichiarano le competenze tecniche che il corsista ha raggiunto. La validità tecnica dell’attestato di frequenza, vale a dire le competenze messe a disposizione del corsista, non sono certificate o certificabili. Non essendoci una valutazione né del soggetto erogatore né di chi ha frequentato il corso l’attestato manca di attendibilità quindi non ha alcuna validità di legge. Occorre fare molta attenzione perché qualche soggetto erogatore si proporrà sul mercato affermando che il suo attestato di frequenza è riconosciuto, occorre in questo caso approfondirne il significato; riconosciuto da chi? Il termine “riconosciuto” assume una valenza di documento ufficiale e quindi, affinché sia riconosciuto, deve essere rilasciato da un Ente Accreditato, a meno che il soggetto erogatore non intenda affermare che l’attestato è riconosciuto unicamente da sé stesso: ne sono un classico esempio gli Attestati rilasciati dalle varie Associazioni al termine di Corsi, Seminari o Stage interni. Il titolo ha valore puramente intrasociale (cioè nell’Ambito dell’Associazione che lo ha rilasciato). 

ATTESTATO DI FREQUENZA CERTIFICATO 

Questa tipologia di attestato presuppone che a rilasciare un’attestazione sia un Ente accreditato (es. una scuola o altro centro che abbia ricevuto l’accreditamento dalla propria Regione di appartenenza o da un Ente Pubblico che ha competenza in materia). 

La sostanziale differenza con la fattispecie precedente, è che questa tipologia ha piena validità di legge. 

Questo significa che il soggetto che ne entrerà in possesso, acquisterà pieno titolo circa la facoltà di gestire in piena autonomia le mansioni lavorative descritte sul certificato e per cui la certificazione medesima è stata emessa. In alcune regioni vengono riconosciute alcune figure professionali, nonostante non vi sia un dettato normativo nazionale (legge ordinaria, d.l. o d.lgs) poiché gli uffici competenti hanno posto in essere una d.g.r o una l.r. mediante le quali hanno stabilito precisi programmi di formazione. 

SPENDIBILITA’ DEI TITOLI NEL SETTORE SPORTIVO: LA LEGGE 

Nelle palestre, campi e Centri sportivi (in genere gestiti da ASD, Associazioni Sportive Dilettantistiche) gli istruttori che vi operano devono essere qualificati e certificati in modo obbligatorio. Gli unici titoli tecnico- sportivi (istruttori, allenatori, maestri, tecnici, etc.) riconosciuti dal punto di vista giuridico legale sono quelli rilasciati da: 

  1. Facoltà di scienze motorie o ISEF 2. Federazioni Sportive Nazionali (FSN) e Discipline Associate (DSA) riconosciute dal C.O.N.I. ; 3. Enti di Promozione Sportiva (EPS) riconosciute dal CONI. 

Sia a livello europeo con il C.I.O. (Comitato Olimpico Internazionale), che a livello Italia con il C.O.N.I. (Comitato Olimpico Nazionale Italiano), le qualifiche dei tecnici di qualunque settore sono state uniformate attraverso lo S.Na.Q. (Sistema Nazionale delle Qualifiche). Tale protocollo prevede che ogni diploma che abilita all’insegnamento sia rilasciato direttamente dal C.O.N.I. attraverso le FSN, le DSA o gli EPS. I titoli rilasciati dalle FSN e dalle DSA, hanno valore in ogni ambito e sono sempre riconosciuti. Per quanto riguarda i titoli acquisiti attraverso gli EPS, gli stessi hanno valore solo all’interno di una palestra (Campo o Centro) affiliata allo stesso ente. I titoli non rilasciati dai soggetti sopraindicati, non hanno validità legale e fiscale per l’espletamento della figura di istruttore/allenatore/maestro/tecnico. Sulla base della norma, si evidenzia che sotto il profilo assicurativo la Compagnia di Assicurazione non riconosce la risarcibilità di un eventuale danno e/o sinistro, verificatosi durante lo svolgimento dell’attività, dovuta alla non validità del titolo legale di istruttore. Questo significa che la responsabilità del danno e/o sinistro sarà a carico dell’istruttore non abilitato e del presidente dell’ASD, sia in sede civile che penale. 

Ovviamente i suddetti brevetti per avere validità legale devono essere emessi direttamente dai suddetti Enti preposti o dalle federazioni riconosciute dal C.O.N.I. e non in modo indiretto. Pertanto si ribadisce che un gruppo sportivo (erroneamente chiamato federazione) che in Italia rilascia direttamente attestati, brevetti, o titoli fornirà ai propri allievi e ai propri tecnici soltanto un titolo associazionistico che ha valore esclusivamente nel proprio ambito ma che non fornirà nessuna garanzia in ambito legale e fiscale. 

I RISVOLTI IN AMBITO FISCALE 

Ultimo, ma non certo per importanza, un indispensabile cenno ai risvolti di carattere amministrativo e fiscale che si riflettono sulle varie palestre (campi e centri) in funzione dei brevetti di cui è in possesso il personale che opera all’interno delle stesse (istruttore/allenatore/maestro/tecnico). 

Senza dilungarci nell’elencare le diverse e numerose agevolazioni fiscali previste per le ASD, vorrei rimanere in tema con quanto sinora trattato. Per creare una ASD è indispensabile, visto che parliamo di attività sportiva, disporre di un Istruttore (educatore) certificato dal CONI (per il tramite di un EPS) ? La risposta è no. Non esiste infatti, tra le norme, una regola che imponga tale obbligo. C’è un unico problema e non di poco conto: i compensi erogati a favore degli Istruttori/educatori. L’attuale legislatura in materia prevede che i compensi che l’ASD eroga a favore dei Soci Istruttori siano detassati e corrisposti in esenzione fiscale (fino ad un massimo di 10.000,00 € annui) esclusivamente se corrisposti a fronte di prestazioni sportive dilettantistiche. 

Al solo Coni (e non alle Federazioni Sportive nazionali o agli Enti di Promozione Sportiva) è conferita la possibilità di definire quali siano le prestazioni sportive dilettantistiche che possono essere inquadrate nel regime agevolativo di cui alla lettera m) del primo comma dell’art. 67 del TUIR (redditi diversi, non assoggettabili a contribuzione previdenziale, come precisato dalla Circolare dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro n. 1 del 1/12/2016). La delega esclusiva al Coni evita opportunamente che ogni singola Federazione o Ente possa fornire interpretazioni differenti e talvolta eccessivamente “inclusive” e comporta la decadenza delle delibere in materia emanate dalle FSN e dagli EPS: infatti sarà solo il Coni a definire quali saranno, per usare la terminologia dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, “le mansioni rientranti (...) tra quelle necessarie per lo svolgimento delle attività sportivo-dilettantistiche”. Ne consegue che le ASD possano erogare compensi solo a favore di Istruttori/educatori che siano abilitati a tale funzione, in virtù di una qualificazione/certificazione rilasciata da uno degli Enti di cui al precedente paragrafo. 

In estrema sintesi, qualora l’ASD si avvalga di Addestratori/Istruttori che non dispongano di attestazioni rilasciate dal CONI (o EPS riconosciuti) non potrà fruire di tale importante agevolazione fiscale nella corresponsione dei compensi. La logica conseguenza di tale limitazione è quindi che il compenso ad un Addestratore ENCI, che opera nell’ambito di una ASD, potrà essere erogato solo dietro presentazione di regolare fattura rilasciata da questi (con tanto di implicazioni di natura fiscale per il soggetto che si vedrà costretto ad aprire una Partita IVA per il rilascio delle fatture, inclusa l’apertura di una posizione INPS ed INAIL come tutti i lavoratori autonomi). 

CONCLUSIONI E CONSIDERAZIONI FINALI 

Nella speranza di aver fornito elementi utili a chiarire le inutili diatribe tra chi sostiene “che l’unico titolo abilitante è il mio”, “la tua certificazione non è valida”, o l’ancor più triste adagio “riconosciuto da chi?” vorrei trarne conclusioni e considerazioni finali. 

La prima: uno dei primi insegnamenti che ciascuno di noi ha ricevuto sin dalle scuole elementari è che “non si possono sommare pere con mele”. Con ciò vorrei intendere che non sono possibili paragoni che possano dirimere il dubbio su ciò che è meglio o ciò che è peggio in materia di titoli ed attestazioni conseguite. Per usare un paradosso, potremmo dire che sarebbe come intavolare una discussione per stabilire se il Diploma di Ragioniere è migliore di quello di Geometra. La domanda da porsi sarebbe....per fare cosa? Se devo fare un calcolo estimativo relativo ad una costruzione, ritengo sia necessario rivolgersi più ad un Geometra piuttosto che ad un Ragioniere, così come per redigere un Bilancio appare più opportuno rivolgersi ad un Ragioniere piuttosto che ad un Geometra. Non c’è il meglio o il peggio, è la funzione che è diversa. Un Addestratore ENCI è un addestratore; un Educatore o Istruttore Cinofilo è un Educatore/Istruttore, punto. Lo stesso piano di studi delle due qualifiche è diverso poiché diverso è lo scopo finale della formazione. 

In merito al riconoscimento dell’attestazione di qualifica, proprio per i motivi descritti in questa mia nota, non credo ci possano essere dubbi: se si parla di Addestratori, di sicuro l’Ente di riferimento è l’ENCI, se parliamo di Educatori/Istruttori sportivi dobbiamo necessariamente fare riferimento al CONI o ad un EPS da questi riconosciuto. Non c’è discussione: uno fa il Geometra e l’altro il Ragioniere........l’unico vantaggio, a favore di uno dei due, è di natura fiscale (compensi esenti da tasse). 

Ritengo che già il definire in maniera esaustiva “chi fa cosa” possa sgomberare il campo da ogni e qualsiasi dubbio: si tratta di “professioni” diverse che hanno finalità differenti. Purtroppo ho spesso la sensazione che il terzo millennio, oltre ad averci portato eccezionali innovazioni tecnologiche che hanno migliorato il nostro modo di vivere ha avuto anche qualche effetto negativo (i danni collaterali); tra questi, il più evidente appare essere l’analfabetismo funzionale, seppur riscontrabile in molti casi in modo parziale. Con tale termine infatti si definisce una persona che, pur essendo in grado di leggere, scrivere ed esprimersi con un grado variabile di correttezza grammaticale, è incapace di comprendere adeguatamente testi o materiali informativi pensati per essere compresi dalla persona comune, come ad esempio articoli di giornale, contratti legalmente vincolanti, Leggi o regolamenti. Tale incapacità funzionale, unita al “celodurismo”, nella peggiore accezione di brutale radicalità e intransigenza nel sostenere le proprie idee, determina lo “scontro cinofilo” cui spesso, tristemente, assistiamo. 

Auspico per il futuro che gli operatori del settore, interpellati da quanti vogliono intraprendere questa “professione”, possano dare una corretta informazione sulle differenze tra le scelte che è possibile operare nel settore della cinofilia e che, di certo, non possono essere ricondotte ad un millantato “unico riconoscimento” o “disconoscimento” di una realtà diversa da quella in cui vivono ed operano. 

Pier Paolo PERISOTTO (Referente Regione Lazio di Opes Cinofilia) 

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